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appunti di don Giovanni nelle memorie - parte 1°


Oggi, 9 giugno 1980 recatomi al Poggiolo ho ricevuto dalla Signora Alfonsina Maurizzi, vedova Dall'Omo, sorella del defunto Don Giovanni Maurizzi, alcuni fogli rinvenuti nella camera dello stesso Don Maurizzi.

In essi, dietro a mio invito, Don Giovanni aveva cominciato a stendere una malacopia, alcune memorie relative a Don Agostoni, al suo Cappellano Don Aldo Zanetti, alla maestra di Barbarolo e ad altre persone.

Sono memorie preziose anche se incomplete che mi premuro ricopiare in questo quaderno, pur conservando a parte gli stessi fogli scritti da Don Giovanni.

Madonna" Aderendo al desiderio del caro confratello e compaesano Don Giorgio, parroco Abate di Barbarolo, il più caro paese del mondo, mi accingo a rovistare nella mia debole memoria, quel che ricordo della mia infanzia fino agli anni della mia lontana giovinezza e che può interessare più ancora che i giovani o giovanissimi, quelli che vissero in quei tempi e che potranno aver vissuto o visto ciò che sto per dire e che essi potranno corredare e perfezionare con i loro ricordi.

Vorrei dire innanzitutto ciò, che non ho constatato personalmente ma che ho sentito ricordare dalle persone anziane quando ero bambino, cioè descrivere l'ambiente di Barbarolo di 70 anni fà.

Si viveva allora in mezzo a tanta povertà: il novanta per cento almeno della popolazione navigava nella miseria; tessuti di lana, tessuti dalle donne del luogo, spesso rotti e variamente rattoppati, disagevoli per l'inverno perchè insufficienti a difendere dal freddo, e per l'estate perchè troppo pesanti.

Rinnovare un vestito era un avvenimento che destava l'interesse di tutto il paese.
Un vestito nuovo aveva il potere di aumentare il prestigio del proprietario.

Un discorso analogo va detto per il nutrimento.

Quando ripenso alle fatiche che dovevano sopportare uomini e donne tutto il corso dell'anno e la relativa ricompensa sempre insufficiente, faccio fatica a convincermi che una vita simile sia velatamente esistita, specie in confronto al momento e al modo in cui oggi viviamo; primavera - estate lavoro nei campi, spesso lontani dall'abitazione, dalle ore 4 del mattino (partenza con gli attrezzi, un fiasco di acqua, una pagnotta di pane e..beato chi aveva un poco di companatico).

Il lavoro non ammetteva soste eccetto i " 10 minuti " per il così detto pranzo all'ombra di un albero

Non rimaneva spazio per riposare sufficientemente.
Eppure in mezzo a tanta fatica e privazioni regnava tanta serenità e c'era anche, direi, allegria e gioia.
Erano i tempi in cui si sentiva cantare nei campi e nelle case.

Negli anni 1921 - 1925 proprio durante la stagione estiva, durante le vacanze di noi seminaristi si era dato il via a due compagnie filodrammatiche, di cui io (e mi scuso il termine che uso) ero il regista e spesso l'autore o l'arrangiatore. Si facevano le prove di sera coi giovani (Paganelli, Menetti, Minarini ecc) di sera tardi nel loggione della Canonica, che era anche il teatro; alle prove venivando direttamente dal lavoro stanchi e affamati....

Ricordo bene che mentre facevo le prove ad uno o due o tre, gli altri cadevano nel sonno e arrivando il loro turno li dovevo svegliare, ma incominciavano poi subito a dormire, i primi, e così arrivavano le 23, e ci si salutava con un "arrivederci" a domani sera.

Quando poi arrivava la domenica, dopo la funzione in chiesa e c'era la recita allora era un divertimento d'eccezzione e gli applausi erano sentiti e sinceri e le risate belle, grasse, gioiose..!

Nell'estate del 1919 prendemmo noi giovani l'iniziativa di tenere una giornata commemorativa dei Caduti Barbarolesi della prima grande guerra mondiale con l'approvazione entusiasta dell'Abate Mons. Agostoni, del Cappellano Don Aldo Zanetti e l'assistenza di due illustri villeggianti: Monsignor Giuseppe Baviera e Monsignor Felice Gallinetti.

Per vari giorni andammo nei boschi a raccogliere rami verdi, edera, fiori con cui addobbammo la piazza e la via Piana.
Con un grande foglio di carta intelaiata e dipinta a marmo facemmo una specie di lapide, che collocammo su un piedistallo in mezzo alla piazza, che aveva cambiato completamente il suo volto.

Nella giornata commemorativa accorse non solo la gente della Parrocchia ma anche coloro che avevano avuto modo di conoscerlo.

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