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appunti di don Giovanni - feste e religiosità - parte 3°



(seguono gli appunti di don Giovanni con: Festività religiose varie curiosità locali)

Durante la Settimana santa era vietato, anche a noi piccoli di cantare, suonare i fischietti costruiti da noi con la scorza di ramoscelli di castagno, e cioè tutto ciò che era in contrasto con il clima di lutto che si era preparato nei giorni precedenti e che culminava il Vnerdì Santo con la Passione del Signore.

Il Sabato santo era per tutti una giornata di gioia, che rinuncio a descrivere...perchè non conosco le parole adatte.

Convenivano tutti i Sacerdoti del Vicariato, meglio sarebbe dire "Plebanato".
I riti in Chiesa si iniziavano al mattino e terminavano dopo le ore 11 con la messa cantata in Terzo da tutti i Sacerdoti.

Al "Gloria in excelsis Deo" suonavano in Chiesa tutti i campanelli, l'organo, e dal campanile tutte le campane a distesa annunciavano l' "Alleluia" Pasquale.

Come è bello ricordare la gente dei campi che smettevano per un poco il lavoro, si toglievano il cappello, si facevano il Segno della Croce, si chiamavano, a gran voce, fra di loro.
Erano modi semplici ma genuini per vivere la Liturgia della Chiesa e anche per esprimere la propria Fede.

Tutto il mese di maggio, consacrato a Maria Santissima con particolari funzioni ed anche in vari centri della Parrocchia, si recitava il Santo Rosario ogni sera.

Ma risaltavano alcune circostanze particolari.

Il tre maggio, la benedizione della croci per la campagna.

Ogni colono portava in chiesa al mattino un fascio di croci fatte da loro con vimini, tante quanti erano i campi che dovevano coltivare.
Erano tutte bianche, venivano benedette, vi si attaccava ad ognuna un ramoscello di ulivo benedetto e poi subito portate e piantate nei vari campi.

Vi era un certo interesse per la Processione delle "Rogazioni".

Ciò che prestava il maggior fervore e animazione fra i parrocchiani era la Festa dell' Ascensione.
Già iniziava dal sabato precedente.

Il giorno dell'Ascensione era una festa grande e credo che lo sia ancora oggi.
Il centro della Festa era quella Chiesina di S. Cristoforo dove era stata portata processionalmente l'Immagine della Madonna incastonata in una ricca fioriera.

Sulla cima in cui sorgeva la Chiesina e un modesto appartamentino (era abitata nei miei primi anni da una vecchietta che io andavo a trovare d'estate: si chiamava Mariannina, e mi faceva festa e mi offriva sempre un uovo che prelevava dal pollaio) e antistante una piazza in cui per l'occasione si portava un minuscolo campanile con quattro campane ben intonate che solo noi ragazzi avevamo il privilegio di suonare e come ne usavamo di tale diritto..! fino a stancare la gente !
Ma noi eravamo imperterriti...

casedroA questo punto devo aprire una parentesi: una lieta e una meno lieta. La prima: - A Casedro viveva un vecchio, Signor Cantoni, aveva un figlio che suonava l'organo, un nipote, mio compagno nelle scuole elementari.
Il vecchio era un tipo un pò estroverso, ma certo molto intelligente e intraprendente.
Nei giorni della Festa a S. Cristoforo preparava, davanti al suo palazzo, sempre delle sorprese che destavano curiosità e ammirazione e contribuivano ad attrarre gente: ricordo negli anni più remoti una macchina fatta a base di ruote, fili di spago, molleggi, grande di un diametro di un paio di metri in cui si svolge una corsa - lotta fra il gatto e il topo (anche questi opera sua) con alterne vicende e che destava una certa "suspence" e applausi fra i molteplici ammiratori.
Un'altra volta costruì in un prato adiacente una grande vasca, quasi un laghetto, tutto in cemento o calce, con acqua limpida con tanti pesci di varie specie e colori.

Tutti gli anni c'era qualcosa di nuovo da vedere.

La seconda parentesi meno allegra...:
Esisteva in quegli anni un pò di ruggine (chissà per quale motivo ?) forse campanilismo fra Barbarolo e Bibulano.
Meglio sarebbe dire fra i giovani di Barbarolo e i giovani di Bibulano.
L'appuntamento principale per litigare appunto a S. Cristoforo, nella piazza, nel giorno della festa a funzione religiosa utimata.
Non vi ho mai assistito ma sentivo gli echi nella tarda serata e nei seguenti: non cose gravissime, ma parole grosse e qualche "cazzotto", con qualche ematoma di lieve entità e quindi...un arrivederci all'anno prossimo.


E giacchè sono in argomenti di liti, voglio accennare ad un altro episodio che non ha niente a che vedere con la Festa a S. Cristoforo.

Nella nostra montagna il raccolto del grano, magro ma certo importante dell'annata agricola avveniva alla fine del mesi di Giugno e in quel momento erano tutti occupati: uomini e donne.
Nei giorni precedenti la mietitura c'era un periodo di una quindicina di giorni in cui non c'era urgenza di lavoro e allora partiva una squadra di giovani dai 17 ai 20 anni circa per andare nella bassa pianura dove il frumento maturava in anticipo a cercare un pò di soldi prestando la propria opera che era preziosa e gradita per i padroni terrieri della pianura (in particolare a Zola Predosa in cui era conosciuta l'abilità e la resistenza di quei nostri montanari) ma non altrettando graditi dagli operai indigeni, che, non vedevano con simpatia questi giovani più bravi e resistenti di loro.

C'era per qualche anno anche un mio fratello, Demetrio, uno zio di don Giorgio Paganelli, Leonardo, Maurizzi Alfredo ed Edoardo della Castellina ed altri di cui non ricordo il nome.

Era una avventura e pericolosa: credo che un anno sono dovuti ritornare a mani vuote, stanchi per un lungo cammino a piedi, ma sempre hanno dovuto filtrare attraverso a folle minacciose, e questo, ci dice ancora lo stato di indigenza, che non dipendeva certo dalla buona volontà di lavoro.

Nello scrivere sono uscito un pò fuori dal campo, cioè dell'argomento della religiosità di 70 anni or sono.

Aggiungo e voglio sottolineare l'importanza e l'interessamento che i Barbarolesi hanno sempre dato alla Festa Grossa, la prima domenica di Agosto, consacrata alla Madonna del Carmine, a cui seguiva, il giorno seguente la festa ad onore di S. Filomena, che un tempo, e lo ricordo bene, era anche giorno di mercato.

A tutte le grandi feste provvedevano i priori e rettori nominati il giorno dell' Epifania, che si portavano a tutte le case per ottenere un contributo alle spese ed anche iniziative private come ad esempio questa: durante l'inverno, nelle lunghe serate la gente si radunava nelle stalle per rifarsi dal freddo, per trovare un pò di compagnia e fare quei lavori possibili in tale ambiente con un lumino ad olio, e in qualche occasione, quando qualcuno gliela poteva fare. c'era un lume a petrolio.

Si faceva la calza, si rammendava...si riparavano scarpe...ma specialmente si faceva la treccia con la paglia di frumento scelte dai covoni più belli al tempo della mietitura e, dopo lungo trattamento e imbiancate, alle volte anche colorate in verde o in rosso, si facevano le varie forme: il treccino a cinque paglie, e per i più provetti la treccia a 7-9-11 paglie.

Il tutto veniva venduto al sabato a Nanni Silvio; che poi lo portava al mercato il giovedi seguente a Monghidoro.

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