logo



SCHEDE CARDINALI NEL BOLOGNESE



Fra GIACOMO BONCAMBI - domenicano - Bolognese (1244 - 1260)

Vicecancelliere pontificio e quindi vescovo di Bologna, il B., figlio di Guido, nacque a Bologna intorno all'anno 1200 da una famiglia di mercanti; della madre conosciamo solo il nome, Francesca.
Dal testamento si ha notizia di due fratelli, Guido - un giudice - e Niccolò.

Nulla si sa della fanciullezza e degli studi, sembra probabile, tuttavia, che egli abbia studiato a Bologna e che vi abbia quindi insegnato per qualche tempo diritto romano.
Una predica, che il famoso oratore domenicano Giovanni da Vicenza tenne a Bologna nella chiesa di S. Michele, lo convinse a vestire l'abito domenicano; fu così che nella primavera del 1333 il B., "iam maturus", entrò nell'Ordo Predicatorum.

La notizia è confermata dal testamento in favore della madre, testamento che egli redasse il 9 apr. 1233 e sottoscrisse il 20 giugno successivo come "frater Iacobus".

Poco, o nulla, sappiamo dell'attività, negli anni immediatamente successivi alla consacrazione religiosa: una lettera non datata, che egli, in qualità di vicario pontificio, inviò ai Bolognesi per indurli a sollevarsi contro il re Enzo, figlio di Federico II, e ad arginare la progettata invasione imperiale della marca di Ancona, è da porsi, con ogni probabilità, al 1239.

Tra il luglio 1238 ed il giugno 1239, infatti, dopo un periodo (sul quale non siamo meglio informati) di servizio presso la Cancelleria pontificia, venne chiamato a dirigerla quando Gregorio IX lo innalzò alla carica di vicecancelliere, carica che ricoperse durante il brevissimo pontificato di Celestino IV e che conservò anche dopo l'avvento di Innocenzo IV (eletto nel giugno 1243); sotto quest'ultimo pontefice, anzi, lo troviamo impegnato in un'aspra polemica contro Federico II.

Rimasta nel 1244 vacante la sede di Bologna in seguito alla nomina a cardinale di Ottaviano degli Ubaldini, vescovo eletto di quella città, lo stesso Innocenzo IV, con lettera del 31 maggio 1244, intervenne nelle vicende della diocesi petroniana invalidando l'elezione del successore di Ottaviano perché avvenuta tra irregolarità che avevano dato luogo a contestazioni; nella medesima lettera il pontefice informava il capitolo bolognese di aver personalmente provveduto a creare il loro nuovo vescovo nella persona del Boncambio.

Questi dovette prender sollecitamente possesso della sua diocesi, con ogni probabilità nell'estate del 1244: appunto in quest'epoca (forse in giugno) lasciò la cancelleria pontificia dove, nel settembre successivo, troviamo già insediato a sostituirlo Marino da Eboli.

L'attività pastorale a Bologna non fu caratterizzata da importanti riforme.
A parte le migliorie edilizie fatte apportare al duomo ed al palazzo vescovile, di lui si ricordano soltanto gli interventi in numerose questioni relative a monasteri (quali il trasferimento della "casa" di S. Gregorio fuori della porta S. Vitale dalle monache benedettine ad altre, della Congregazione dei canonici regolari, o la fondazione di una chiesa dedicata a S. Cristina in una località abbandonata da un gruppo di suore trasferitesi a Bologna) ed il desiderio di cooperare con le autorità comunali.

Tale desiderio è dimostrato sia dal consenso accordato alla distruzione della chiesa parrocchiale di S. Apollinare per permettere l'ampliamento del palazzo pubblico (1250), sia la promessa di non accogliere nelle proprie terre di Cento quei cittadini di Bologna o del suo districtus che fossero stati banditi dal Comune; sia infine l'impegno di consegnare alle autorità, entro il termine di una sNotaettimana, gli eventuali rifugiati (12 giugno 1255).

Sembra che abbia accolto favorevolmente, nel corso del grande movimento del 1260, i flagellanti che erano giunti a Bologna.

Continuò a prender parte attiva, anche da vescovo, alla lotta contro gli Hohenstaufen: presente, insieme con le truppe della sua città, accanto a quelle pontificie, all'assedio ed alla presa di Imola (1248), nel 1251 accolse con tutti gli onori a Bologna il pontefice Innocenzo IV che rientrava a Roma da Lione; e quando, alla morte di Corrado IV, l'esercito della Chiesa invase il Regno di Sicilia (fine del 1254-primi mesi del 1255), anche allora potrebbe esser stato con i contingenti bolognesi che parteciparono all'impresa, benché la sua missione in Inghilterra, quasi contemporanea a questi avvenimenti (1255, dopo il mese di giugno), faccia apparire assai improbabile tale eventualità.

La lotta contro gli Holienstaufen causò indirettamente una vivace polemica che vide il vescovo di Bologna opporsi a Teodorico, patriarca di Ravenna.
Rientrato quest'ultimo dalla prigionia, patita ad opera di Federico II, rifiutò recisamente di prestargli il giuramento di fedeltà che, come suffraganeo, gli doveva; e persisté nel suo rifiuto sino a quando non intervenne con la sua autorità Innocenzo IV, che gli impose di sottomettersi al suo legittimo metropolita.

Nel 1255 fu affidato al B. l'importantissimo incarico di portare a buon termine i negoziati che la Sede apostolica aveva avviato con la corte d'Inghilterra per investire del Regno di Sicilia Edmondo, figlio cadetto del re Enrico III; compito del B. sarebbe stato quello di convincere il re ad accettare i termini dell'accordo: versamento di 135.000 "marche" per fronteggiare le spese sostenute dalla Curia per la successione del Regno di Sicilia, pagamento anticipato delle decime di tre anni, da devolvere in favore della crociata.

La missione venne annunziata al re d'Inghilterra con bolla del 13 maggio 1255 dal nuovo pontefice, Alessandro IV, ed il B. si dovette metter subito in cammino.
Nel corso del suo viaggio, tuttavia, si fermò a Milano per cercare di metter pace tra le fazioni cittadine: ottenne che il popolo ed i valvassori giurassero una tregua di vent'anni, e ne dette notizia al papa con una lettera del 1º giugno 1255.

Nell'autunno, in compagnia del vescovo di Hereford, raggiunse l'Inghilterra; accolto con gran pompa dal re e trattato con ogni onore durante tutto il periodo della sua breve permanenza a corte, il vescovo di Bologna riuscì ad assolvere degnamente alla sua missione, ottenendo il consenso di Enrico III alle condizioni poste da Roma e la cospicua somma di 4.000 libbre.

Quindi investì solennemente della corona di Sicilia Edmondo, alla presenza di numerosi nobili inglesi (18 ott. 1255), e poco dopo, accompagnato dal vescovo eletto di Toledo, riprendeva la via dell'Italia, arricchito di doni "di straordinario pregio", come, con evidente esagerazione, afferma il cronista Matteo di Parigi.

Per quanto sterile di risultati effettivi, dato che nessun sovrano inglese sedette sul trono di Sicilia, la missione del B. ebbe tuttavia delle ripercussioni positive sulla politica interna dell'isola; la ratifica dell'accordo con la Sede apostolica e l'incoronazione di Edmondo servirono infatti a far giungere a una crisi decisiva il malcontento dei baroni coi quali Enrico III fu poi per un certo tempo costretto a dividere il potere.

Nulla sappiamo degli ultimi anni di vita del B.: nel 1260, sul finire dell'anno, travolto nel crollo di una loggia della sua villa di Monsummatico, rimase gravemente ferito.
Morì probabilmente ai primi del dicembre di quello stesso 1260, e fu sepolto di fronte all'altar maggiore della chiesa di S. Domenico a Bologna.

Difficile definire meglio, per il silenzio delle fonti in nostro possesso, la personalità di questo vescovo di Bologna, cui vennero attribuite alcune opere (nessuna purtroppo giunta sino a noi) e la cui carriera amministrativa e diplomatica sta a dimostrare che Gregorio IX, Innocenzo IV ed Alessandro IV lo considerarono uomo di grandi capacità.

Nonostante le circostanze quasi drammatiche del suo ingresso nell'Ordine domenicano, l'educazione ricevuta e la particolare congiuntura storica in cui si trovava il papato fecero di lui piuttosto un uomo politico - e con particolari interessi per la vita del Comune di Bologna - che un contemplativo (fatto che si riscontra spesso, del resto, tra i contemporanei che da giovani abbracciarono la vita ecclesiastica in seno agli Ordini mendicanti).
(Testo ricavato da: "TRECCANI" - Non abbiamo nessuna immagine)

NOTA:
Nell'opera storica dell'Alidosi, viene citato come vescovo di Bologna.
Allego, qui sotto, un' immagine dello scritto riferente al suddetto vescovo e relativo stemma.

Zama
◀ Torna indietro





Torna su ^