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18Per la salita del convento di san Bonaventura incontrammo Monsignor Gioiandi e gli dissi: Monsignore, il padre Leonardo è molto aggravato.
Egli allora tornò indietro.
Arrivati alla porta del convento di san Bonaventura, chiamai i frati perchè venissero a prenderlo.
Accorsero tutti e a braccia lo portarono nell'infermeria dove il nostro infermiere lo trovò senza polso, e sia lui che gli altri frati lo fecero alquanto rinvenire a forza di panni caldi.
Poi l'infermiere, fra Egidio di Masserano, mi trasse in disparte e mi disse: fra Diego, vi devo dare una cattiva notizia, non c'è più nulla da fare, è prossimo alla morte.

Nel sentire queste parole mi prese un freddo mortale e restai fuori di me.
L'infermiere gli somministrò intanto tutti i rimedi possibili, ma invano.
Allora padre Natale, che era guardiano, mandò a chiamare il medico e spedì due religiosi a dare avviso al signor Cardinale Vicario, all'Eminentissimo signor Valenti Gonzaga, Segretario di Stato, a Monsignor Millo e a Monsignor Belmonte, prelato domestico di Sua Santità, per avvertire che il padre Leonardo era arrivato ma stava molto male.

Tutti i frati vollero visitarlo nell'infermeria, ed egli ad essi rivolto, sereno e colle lagrime agli occhi disse:
" Padri e fratelli miei, che consolazione ed allegrezza sento nel cuore, che io sia venuto a morire in questo sacro ritiro, tra i miei confratelli ! ".
Queste stesse parole aveva detto a me per strada colle lagrime agli occhi nell'arrivare al Convento:
" Oh fratello, quanto ringrazio Iddio di morire nel sacro ritiro ! ".
Questi pii ed amorisi sentimenti cangiarono ben tosto ai religiosi l'allegrezza del suo ritorno in Roma in un grande dolore ed in un pianto universale.

Fece la sua ultima confessione dal padre Gioachino da san Remo.
Da una tasca del suo abito stavano per cadere alcuni fogli e il padre Gioachino voleva levarglieli per metterli al sicuro, ma egli mi fece cenno che lasciasse stare.
Erano infatti i suoi Proponimenti e desiderava portarseli con se.
("I Proponimenti", 66 propositi che P. Leonardo rispettò con estrema fermezza, come attestarono i suoi confessori. Furono definiti da Padre Severino Gori o.f.m." un esauriente  trattato di teologia ascetica, tendente all'eroismo". Furono scritti da Fra' Leonardo nell'Eremo di Santa Maria dell'Incontro a Firenze nel 1717; rinnovati nel 1735 e nel 1745 nel Convento del Monte a Genova).

Circa all'una di notte domandò il santissimo Viatico, e suito si accinsero a portarglielo.
Nel frattempo, l'infermiere voleva dargli un piccolo ristoro, ma lo rifiutò per rispettare il digiuno.
Quando arrivò il Santissimo Sacramento ed era presente tutta la comunità compreso il padre Provinciale, padre Leonardo cominciò a dire:
"Padri, e fratelli miei dilettissimi, ridotto già dal divino beneplacito all'estremo della mia vita, faccio a voi palese, e mi protesto avanti la Maestà di Dio e a tutti voi, che io accetto la morte più che volentieri, e mi dichiaro altresì di morire da vero cattolico nel grembo della santa Madre Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana; credo fermamente tutti gli articoli della santa fede, che insegnarono i santi Apostoli in testimonianze della quale spargerei tutto il mio sangue e patirei tutti i tormenti che per essa hanno patito gli Apostoli e che patirono e patiranno i santi Martiri.
Credo che sotto le specie sacraentali vi sia la vera umanità santissima di Gesù Cristo Signore Nostro vero Dio e vero Uomo, il quale ora deve ricevere dentro la mia anima. Ne mai mi separerò dal mio Dio, ancorchè per tutta una eternità star dovessi nell'inferno; e spero dall'infinita sua misericordia il perdono dei miei peccati.
Inoltre io mi protesto, che amo tutti gli Angeli del paradiso, amo Maria Santissima, mia grande Signora, e poi sopra tutti amo il mio Dio, dal quale non voglio giammai separarmi, in isconto dei miei peccati il santo purgatorio sino alla fine del mondo.
Amo voi, miei fratelli benedetti, e se qualcheduno sentisse il contrario, s'inganna, perchè io amo tutti cordialmente da veri fratelli. ".

Ed avrebbe proseguito anche più, se dal superiore non fosse stato impedito.
Fece questi atti con fervore tale di spirito, che tutti i religiosi si scioglievano in lagrime di tenerezza.
Subito furono trascritti da fra Bartolomeo Ferrari di Roma, chierico studente in teologia.

Ricevuto  che ebbe il Santissimo Viatico, si diede per qualche tempo in preghiere di ringraziamento.
Poi l'infermiere gli portò un poco di ristoro, ed egli a lui rivolto disse:
" Oh fratello, se si facesse tanto per il nostro Iddio, quanto si fa per il nostro corpo ! ".

 

 

 

 

 

 

on 29 Novembre 2019

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