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Andrea Gioannetti - camaldolese - bolognese - Cardinale 1778-1800

ritratto gioannettiNacque a Bologna il 6 genn. 1722 da Baldassarre Francesco e da Pellegrina Zanoni, in una famiglia della nobiltà bolognese, comitale dal XVI secolo e dal XVII marchionale del feudo di San Raffaele in Monferrato.
Ebbe il nome di Melchiorre Benedetto Lucidoro, che mutò in Andrea quando, il 29 giugno 1739, vestì l'abito dei benedettini camaldolesi in S. Apollinare in Classe a Ravenna.
Maestro dei novizi era il p. B. Savorelli, poi generale della Congregazione, e abate il padre F.R. Guiccioli, poi arcivescovo di Ravenna dal 1745 al 1763.
Entrambi apprezzarono le doti del giovane e in seguito rimasero in rapporto con lui: il Savorelli ebbe con il G. una lunga corrispondenza e il Guiccioli, da arcivescovo, lo nominò suo teologo.

Ordinato sacerdote il 19 dic. 1744, il G. proseguì gli studi a Bertinoro e a Roma, dove s'interessò alle antichità e apprese il greco.
Divenuto maestro in filosofia e teologia, tornò a Bertinoro a esercitare l'insegnamento e il sacerdozio, segnalandosi per l'assiduità nella confessione, nella catechesi e nell'assistenza agli infermi, per la quale si trovò a rischio di morte.
Tornato al monastero di Classe, dal 1753 al 1763 fu teologo del Guiccioli; nel 1763 divenne procuratore ed economo del monastero di Classe, e poco dopo abate. Il G. accrebbe la biblioteca e il museo numismatico-fisico, proseguì la bonifica dei terreni del monastero e, con donazioni di grano e denaro, soccorse la popolazione colpita dalla carestia degli anni 1764-66; in riconoscimento fu ascritto alla nobiltà sammarinese.
Mostrò anche apertura alle sollecitazioni culturali del secolo e profondo zelo pastorale; rigorista sul piano disciplinare e agostiniano su quello teologico, diresse il monastero con mano ferma.
Lasciata la carica di abate nel 1770, tre anni dopo passò a dirigere il monastero di S. Gregorio al Monte Celio, a Roma, dove fu in contatto con ecclesiastici d'orientamento giansenista e riformatore, e in particolare con l'abate G.C. Amaduzzi (che gli dedicò il "discorso filosofico-politico" La filosofia alleata della religione, letto all'Arcadia romana nel 1778).
Seguì le Effemeridi letterarie, vicine alla corrente riformatrice, che giudicò "leggibili"; tenne contatti anche col benedettino G.M. Pujati, del quale condivise la contrarietà alla nuova devozione del Sacro Cuore, e col domenicano T. Vignoli (entrambi noti giansenisti).
Nel 1774 l'interesse per le istanze teologiche e spirituali del cattolicesimo francese lo portò a consigliare al monastero di Classe l'acquisto delle opere di A. Arnauld.
stemma gioannettiAssunse tuttavia una posizione mediana nelle controversie tra i gesuiti e il variegato fronte riformatore nel quale operavano i moderati d'ispirazione muratoriana e i giansenisti italiani, giunte allora all'acme con la soppressione della Compagnia.

Le capacità mostrate nel dirigere il monastero romano lo segnalarono al cardinale G.A. Braschi, abate commendatario di S. Gregorio, che nel febbraio 1775 divenne Pio VI.
Nel dicembre di quell'anno la morte del cardinale arcivescovo di Bologna, V. Malvezzi, aprì una nuova fase della carriera del G.: nominato vescovo di Imeria in partibus infidelium nel concistoro del 31 genn. 1776, subito dopo la consacrazione (4 febbraio) fu inviato ad amministrare la diocesi natale.

Giunto a Bologna il 5 marzo, tre mesi dopo iniziò un'accurata visita pastorale; nel solco d'un ideale religioso che poneva l'accento sulla comprensione interiore del messaggio spirituale, il 4 febbr. 1777 emanò una circolare ai parroci "circa l'esercitare a dovere il loro ministero", esortandoli a curare l'insegnamento della dottrina cristiana. Richiamato a Roma, nel concistoro del 15 dic. 1777 fu pubblicato cardinale di S. Pudenziana, insieme col barnabita G.S. Gerdil, e preconizzato arcivescovo di Bologna.
Ascritto alle congregazioni del S. Uffizio, dell'Indice, della Disciplina regolare e della Visita apostolica, fu anche protettore del monastero di S. Chiara della Terra di Arpino, nella diocesi di Camerino.
In una pastorale che all'inizio dell'anno successivo inviò da Roma alla diocesi per annunciare l'elezione, oltre alle raccomandazioni usuali al clero di essere d'esempio, e ai fedeli perché obbedissero ai pastori, insisté sul pericolo delle idee dei lumi e dell'orgogliosa irreligione propagata attraverso cattivi libri e compagnie, in consonanza con l'enciclica di Clemente XIII Christianae reipublicae salus (1766), ripresa da Pio VI nella Inscrutabile divinae sapientiae (1775), due documenti che saranno per lui un costante riferimento.

Nel 1790 intraprese una seconda visita pastorale, e quattro anni più tardi pubblicò con risalto la traduzione italiana della condanna del sinodo di Pistoia nella bolla Auctorem Fidei, accompagnandola con una pastorale.
sinodo gioannettiDenunciando il "finto zelo" d'un libro che "insinua eresie, errori ed equivoci", pubblicato in italiano, contro la tradizione della Chiesa, con la subdola intenzione di "farne gustare il tossico" anche al popolo ignorante, il G. ne annunciò la definitiva condanna da parte del pontefice, ricordando di aver "sempre contraddetto agli errori di quel sinodo ed anche de' noti opuscoli" (Lettera pastorale al clero e popolo della città e diocesi di Bologna, 30 ottobre 1794…, Bologna 1795).

Accolse Pio VI che, sulla via dell'esilio in Francia, fu per qualche tempo nella città ospite del collegio di Spagna, come lo era stato già nel 1782 nel viaggio a Vienna per incontrarvi Giuseppe II.
Nel marzo 1799, occupata Bologna dagli Austro-Russi, il G. riprese in mano la situazione, imbrigliando la stampa e l'editoria e punendo i sacerdoti "pertinaci nell'errore e nello scandalo", ma cercando anche di frenare gli eccessi dei reazionari. E a Venezia, quando vi si recò per il conclave che elesse Pio VII, condannò i disastri "triennalis illius captivitatis".

Rientrato a Bologna il 29 marzo 1800, una settimana dopo si ammalò, e l'8 aprile morì.
Le esequie solenni, il 17 successivo, furono officiate dal card. A. Mattei, arcivescovo di Ferrara, presenti i vescovi di Modena, Reggio, Carpi e di Ippona in partibus infidelium.

(Fonti desunte da "Dizionario Biografico Treccani")

on 13 Ottobre 2018

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