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segue appunti di don Giovanni - parte 2° (personaggi)

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Fra i "personaggi " di primi anni di questo secolo, i "padroni" di Barbarolo vi erano i due fratelli "Prati": l'ingegner Cavaliere Aristide, Sindaco di Loiano, e il suo fratello Emilio.

Abitavano alla Valle in un bel Palazzo; avevano prato e giardino in due appartamenti ben separati: Aristide al piano terreno, Emilio al primo piano.

Non andavano molto d'accordo, non litigavano ma piuttosto si ignoravano l'un l'altro.

Il più ricco era certamente Emilio, uomo burbero, poco socievole, più temuto che amato.
Aveva una voce cavernosa, che faceva sentire di rado ma quasi solo per rimproverare.

Ebbe un attentato nella strada che dal Bivio porta alla Chiesa, sotto la Castellina: era in biroccino, fu rovesciato lungo il fosso.
Ne uscì molto malconcio, ma vivo, cosicchè dopo molte cure potè riprendersi bene, ma rimase zoppo fino alla morte.

Sua moglie, ottima Signora, sorella di Mainardi Ludovico, di cui ho già accennato fece appendere una Madonna in ceramica a un pioppo contro il quale si era fermato il marito ed aveva evitato il peggio, ma il signor Prati non seppe mai di questo atto di Fede e di ringraziamento della sua moglie.

Molto diverso fisicamente e come carattere era il fratello Cav. Aristide Prati.

Era grassoccio, si muoveva poco da casa sua, era un bonaccione, scherzava volentieri e aveva abitualmente in bocca una grande pipa, passava l'inverno accanto al focolare con la moglie, la Signora Angiolina e le due figlie: Maria e Margherita.

Altri due figli: Gianni e Pietro e la figlia Noemi, raramente si vedevano nella casa dei genitori, perchè Gianni era soldato di carriera e divenne Maresciallo Maggiore.

Pietro e Nomei avevano fuori dalla Provincia di Bologna.

La Signora Angiolina era un po al centro dell'attenzione popolare per la sua bontà, religiosità.
Obesa, e quindi lenta nell'incedere, che però non le impediva di portarsi ogni mattina alla Messa; si soffermava parecchio tempo in Chiesa e poi sempre, lentamente, ritornava a casa a  la Valle, dopo diverse soste, perchè le piaceva di parlare, di "interrogare" ; era alquanto curiosa fino al pettegolezzo; però quello non cattivo, direi solo...informativo !.

Voglio ricordare un uomo, Maurizzi Carletto, detto "Carlet", partito per il servizio militare fra gli anni 1180 - 90 e poi di lui non si seppe più nulla fino al 1906.
Certo che di lui non si conobbe mai un indirizzo dal momento della sua partenza.
Un giorno comparve davanti alla mia casa, Monte, dai vestiti logori e sporchi, una barbetta quasi bianca, mi parve molto vecchio, ma era tutt'altro che curvo, con due occhietti lucidi....sembrava un brigante, senza alcun bagaglio con se.
Fu la cara, buona, veneranda vecchietta Leonilde, la madre di altrettanto buono e caro giovane Oleandi Giovanni, che era lo stalliere dell'Abate, a riconoscerlo e a gridare : Carletto !.

Arrivarono dalla Pieve ( Piccola ) i suoi fratelli e le loro mogli e bambini e lo sistemarono nella loro casa.
Ebbe lunghi colloqui con l'Abate, il Cappellano don Aldo e con tutti i suoi amici di un tempo.
Raccontava semplicemente le sue avventure in Africa durante la Guerra, poi rimase disperso, si trovò in mezzo alle tribù ma fu anche aiutato; le sue peregrinazioni durarono anni, poi il rimpatrio.
Ma io queste cose le ricordo molto vagamente.
Una cosa solo ricordo con sicurezza che lui in momenti di buona fortuna era riuscito a mettere insieme un pò di denaro e anche a spedirne a casa, insieme con lettere che altri scrivevano per lui.
Ma a casa i suoi non avevano mai ricevuto nulla e mai saputo nulla.

Un'altra tipica figura di quel tempo era Maniardi Ludovico.
Era un benestante.

Il suo mestiere era quello di bere ed era raro il caso di trovarlo non brillo.
Viaggiava molto da Barbarolo alla Guarda o anche a Sabbiuno.
La sua compagnia era desiderata perchè allegro nel parlare e poi aveva sempre notizie esilaranti (?) benchè pochi ci credessero.

Ritornava dalla Guarda al Trebbo dove abitava (e dove non andava d'accordo con nessuno) e raccontava sempre cose meravigliose a cui aveva assistito nel buio della notte al "Ponte dell'acqua fredda", che era di recentissima costruzione a breve distanza dalla nuovissima Casa Cantoniera.

Gli spiriti: voci o grida sotto il ponte, lunghe file di lumini accesi sul parapetto, risa sarcastiche ed insulti, ecc.....
Risultato: nonostante la nulla attendibilità delle notizie, nessuno voleva più viaggiare di notte da quelle parti se non avessero trovato compagnia.
Povero Mainardi: lo trovarono morto, dopo forse due o tre giorni dal decesso, dietro a un cassone nella sua abitazione al Trebbo, dove viveva da solo.

 

 

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